I BOTTINI DI SIENA

La prima volta che nei documenti si trova il termine bottino è nel 1226, quando la città era dotata solo di alcuni modesti rami di acquedotto che rifornivano di acqua alcune delle principali fonti. Verso la metà di questo secolo (1246) si pensò a potenziare quelle di Fontebranda mentre erano già stati progettati quelli delle fonti di Follonica, quelle di Val di Montone, di Pescaia e dellaVetrice.
Nel primo scorcio del ‘300, Jacopo di Vanni di Ugolino s’impegnava per la somma di seimila fiorini d’oro nel far arrivare nel Campo tanta acqua senza usufruire di quelle di Fontebranda. L’opera non si concluse ma alla fine del 1346 il cammino dei bottini aveva ulteriormente progredito giungendo a Fontebecci per cercare l’allacciamento con le acque dello Staggia.
La maggiore pressione per un assetto idrico di una certa consistenza era esercitata dall’Arte della Lana per trovare una soluzione al problema che stava rischiando di strangolare la loro produzione e di rendere (come in effetti poi venne) il loro prodotto meno competitivo sul mercato rispetto a quello di Firenze che aveva le acque dell’Arno.
Le cose sarebbero potute andare diversamente se fosse stato portato a buon fine il progetto caldeggiato da Provenzano Salvani: portare a Siena le acque della lontana Merse. Questo, forse, non ci avrebbe permesso oggi di avere e di poter vedere quello spettacolo sotterraneo che è costituito dai battini e che qui sotto vi illustriamo in parte.



Foto dei bottini