LA CATTURA DEL BRIGRANTE MAGRINI

E' noto che nel secolo scorso, dopo l'unificazione d'Italia, vari territori della neonata nazione, conobbero il flagello del banditismo. E' così che il ricordo di personaggi come Tiburzi, Gnicche, l'Orcino, Baicche e tanti altri, contribuì a riempire le veglie dei nostri nonni nelle lunghe sere d'inverno.
Anche la Montagnola, per la natura selvaggia e solitaria del suo territorio, conobbe le gesta di un brigante, il cui ricordo anche se un po' sbiadito dal tempo, rimane ancor oggi vivo nei racconti degli anziani.
Stiamo parlando di Antonio Magrini detto "Basilocco". Nato a Monticiano il 13 Marzo 1876 da Ulderigo e da Annunziata Zani, poco più che decenne venne mandato a fare il pastore presso alcuni contadini. Attraverso questo mestiere, che richiedeva un continuo girovagare alla ricerca di nuovi pascoli, acquisì una conoscenza minuziosa sia del territorio grossetano che di quello senese.
Finito che ebbe di fare il pastore si guadagnò per qualche anno la vita lavorando onestamente nelle miniere di Campiglia, fino al giorno che, insieme ad altri operai, venne licenziato. La perdita del posto di lavoro, fu attribuita, non sappiamo se con ragione o meno, alla volontà di un sorvegliante. Quindi, deciso a vendicare lo sgarbo, il Magrini si appostò lungo una strada, e quando quest'uomo passò a cavallo, gli tirò una fucilata che lo uccise; per sfuggire alla legge ebbe così inizio la sua vita da brigante.
Quella che vi riportiamo sotto è la storia della sua cattura.


la sera del 15 febbraio 1904, stranamente non si recò "alla consueta grotta dove il suo confidente gli lasciava la bolgetta con dei viveri e cognac", ma si presentò invece a casa del colono Gildo Pecorini, abitante al podere Ferratina nei pressi di Roccatederighi, chiedendo di mangiare.
Non essendoci nulla, il Magrini incaricò il contadino di andare ad acquistargli un pollo.
Poichè sul bandito pendeva una taglia di ben 5.000 lire (equivalenti ad oltre 15.000 euro attuali), "il Pecorini andò per il pollo, ma strada facendo trovò modo di avvertire anche i carabinieri".
Quando i gendarmi giunsero sul luogo, il brigante stava in piedi in cucina, tranquillamante parlando, "in attesa che il pollo cuocesse".
Alle ore 20,36 i brigadieri Malevolti e Paoletti e il carabiniere Gori, avendo veduto aperta la porta della casa, penetrarono improvvisamente entro l'abitazione, mentre altri tre carabinieri sorvegliavano le finestre. Il Magrini impugnò la rivoltella con grande prontezza d'animo, riuscendo a sparare tre colpi che andarono a vuoto perchè il brigadiere Malevolti si slanciò addosso, riuscendo subito ad afferrargli la mano, in cui teneva la rivoltella, e a far deviare i colpi.
Contemporaneamente, con scatto fulmineo, i tre militi fecero fuoco contro il Magrini che fu ferito alla faccia con due colpi di rivoltella, pure alla faccia con un colpo di fucile caricato a pallini e al petto da un colpo di moschetto a mitraglia.
Il latitante stramazzò a terra senza aver mai profferito una parola".
Non aveva ancora compiuto 28 anni!
Era ben vestito, armato di una pistola col cordone nero, di un pugnale nichelato con manico di corno, di un fucile a due canne, di 73 cartucce per rivoltella e 34 per fucile, di un canocchiale e di tre portafogli contenenti complessivamente 300 lire, riconosciuti di proprietà dei tre fattori recentemente depredati.
In varie parti del corpo si scorgevano segni di tatuaggio: due cuori trafitti da un pugnale e una figura di donna. Inoltre in un braccio era disegnata la figura di un bandito con la rivoltella in pugno, puntata verso le iniziali M.D.C.T., che volevano significare: "Morte al Dottor Callaini Tito", nemico giurato del Magrini.





Brigante Magrni