Tempi passati

MIO BABBO E LA TROTA           scritto da Andrea Grazioli

Era un giorno freddo e piovigginoso di primavera, marzo direi, di tanti, troppi forse, anni fa; la neve sui monti più alti del Chianti era scomparsa del tutto da un paio di settimane e la natura si stava risvegliando lentamente.
Così anche facevano le trote che quella volta eravamo andati io e mio padre a insediare, vivevano nei corsi d' acqua di quelle colline così tanto famose non certo per ... l' acqua, ma tantè!
Che molti dei turisti, anzi oggi cretinamente siano beoni-ubriachi, fini intenditori, o semplici pasteggiatori da due buoni bicchieri, si chiamano eno-turisti; che in giornate particolari come gente transumante si aggirino senza sapere niente di ciò che vedono o visitano, sarebbe necessario mettere cartelli con la scritta: E. no turisti !
Se sapessero che prima delle vigne e dell' olio, la vera ricchezza del Chianti erano i mulini si approcerebbero con ben altra testa a questi luoghi.
Di questi antichi mulini, che erano tutti mossi dalle ruote a pale, come nelle false pubblicità della TV, ce ne sono ancora molti, in mediocri o cattive condizioni di stato. alcuni del tutto diroccati, e ancora di più o meglio conservati ce n' erano al giorno di cui sto raccontando e di cui così facendo perdo il filo, accidenti a me e alla smania di criticare il presente e rimpiangere il bel tempo che fu. Arcadico! E vecchio! Me lo merito.
La mattina era sì fredda, ma la pioggerellina portata dallo scirocco, prometteva un certo addolcimento dell' aria nelle ore centrali del giorno appena nato.
Babbo, a forza di dovermi scorrazzare a pescare a destra e sinistra in tutta la Toscana dal mare ai monti e dai monti al mare, era diventato un bravo pescatore ma era rimasto fondamentalmente un pò pigro -dicevo io- calmo diceva lui, e spesso si discuteva sugli orari di partenza, sempre pre-aurora io, sempre di colazione lui. Vincevo io perchè perdeva la sua bontà e l' amore filiale. Bastardo io!
Così anche quel giorno, anzi quella notta perchè era ancora buio eravamo in auto con i fari accesi ad illuminare, curva dopo curva, paracarri silenziosi, alberi nudi e gocciolanti, siepi nebbiose di bosco e rovi e lui diceva: certo sei testardo, ora le trote dormoni!
E io dicevo: ma tra quando arriveremo e poi prepararsi, ed iniziare a pescare, vedrai babbo, è giorno fatto.
"Sì, ma è freddo stamani e stanno un pò più sotto le coperte nelle loro buche.
Meglio così, dopo hanno più fame!
Purtroppo avevo pronunciato la parola magica e mio padre, disse: -ora però a proposito si cerca un bar, e si fa colazione!
Rimasi zitto ma in cuor mio sapevo di perdere sicuramente un bel pò di tempo che avrebbe vanificato l' alzataccia. Provate un pò a cercare alle cinque e mezzo di una mattina di marzo, trentacinque anni fa, un bar o un circolo aperto e con la macchina del caffè in funzione in mezzo al Chianti. Paesi deserti, occasionali spazzini al lavoro anche di domenica, case avvolte dal silenzio, qualche gatto a giro, forse in amore ... quindi senza caffè, babbo di umore nero. "Almeno - gli dissi - bevi il colore, immaginati il gusto". Mi rispose: "Scemo!" E rise.
Arrivammo sul torrente, proprio dove c'era un grande vecchio mulino posto su un affluente del corso principale che lì era attraversato da un ponte con le spallette in pietra.
L' unione dei due corsi d' acqua formava una grande buca d' acqua, anche profonda in alcuni punti, e lui disse: "senti, io resto un pò qui a pescare così se piove forte, mi riparo in macchina, ok?" "Lo vedi? Sei pigro babbo! Ma qui ci si fermano tutti. Come vuoi che ci siano, i pesci!"
"Io vado in su, risalgo il torrente con l' artificiale e cammino fino a quel gruppo di case abbandonate, d' accordo?""Si- rispose (non c'erano i cellulari allora)- così poi risalgo il auto e ti vengo a riprendere alle case e peschiamo insieme." Sinceramente pensai che mi avesse detto una bugia e che, allontanandomi io, sarebbe rimasto a fare un sonnellino a motore acceso.
Babbo in quale sonno sei ora?
Così iniziai a pescare, lanciando il cucchiaino rotante e recuperando con il mulinello la lenza facendolo passare vicino a tronchi caduti in acqua sopra o accanto a massi nella corrente del torrente dove albergano quei magnifici pesci che sono le trote naturali, non certo quelle che la gente trova nelle pescherie.
Sono, quelle vere, con la schiena nera come il carbone per nascondere i loro agguati nell' ombra dei sassi, punteggiate da macchie rosso acceso come le foglie morte e le radici degli ontani sanguigni che formano gallerie acquatiche lungo le rive; hanno la pancia gialla come i limoni maturi le pinne morbide, la coda potente per scattare come il lampo e gli occhi non cattivi ma attenti a tutto ciò che cade dall' alto, potenziale cibo, come insetti e larve dai rami. Ma per i piccoli pesci che nuotano nel torrente quegli occhi neri e cerchiati di rosso sono quelli del diavolo perchè esse, nascoste come indiani, aspettano il loro passaggio in carovana quando si spostano in branchetti spensierati.
Vedere? sbagliato! Ammirare come caccia un trota è una esperienza che i "pescatori" di oggi, relegati nei laghetti a pagamento da divieti, pesca no kill, parchi, regolamenti specifici, acque riservate ecc. ecc., non sanno, non possono immaginare!
Lei se ne sta tranquilla e pigra a pinnegiare sul bordo del filo principale della corrente, dove i mulinelli formati dai rami caduti e sassi le portano sulla superficie il cibo, che può raccogliere così senza fatica, quando vede una potenziale preda in un pescetto inesperto, o una lumaca o un verme strappati dalla riva, o in un topolino che attraversa a nuoto, ignaro, il corso d'acqua. Allora si immobilizza come un ghepardo ed inizia a fremere tutta con le pinne in tremolio esclusa la coda, ferma e pronta a esplodere, gli occhi roteano in avanti per avere quasi una visione binoculare e mettere meglio a fuoco preda e relativa distanza, poi scatta come un fulmine bruno, e spalanca la bocca ingoiando acqua e cibo, ritornando nella posizione di quiete a gustare e digerire.
Tutta questa pagina sta in un solo secondo!
Sarebbe un ladro perfetto, nessuno la potrebbe incolpare di niente se non con una prova TV rallentata!

Così dopo tre ore di risalita del torrente due begli esemplari da fario avevano attaccato il mio artificiale ed erano nel cestino, una quasi non c' entrava se non tutta ripiegata, otto etti per lo meno. Così, ora che ero soddisfatto, contento, ma soprattutto appagato, como lo sono loro stesse dopo la caccia riuscita, non aveva senso che continuassi a prenderne altre. Che vivessero serene per loro, o per altri o per me una delle prossime volte.
Lentamente, scesa l'adrenalina, trota io tra trote loro, il cervello riprese alcune delle sue funzioni ed il corpo anche! Feci pipì di cui non avevo sentito assolutamente la necessità nonostante il perenne invito dal mormorio dell' acqua ed il gocciolìo che mi cadeva sul naso dal cappuccio dell' impermiabile che indossavo per la pioggia, pensai a mio padre e mi chiesi come mai non lo avevo incontrato alle case dirute che avevo da tempo ormai lasciate dietro di me. Così felice ma un pò preoccupato, non stava certo dormendo babbo a quell'ora, iniziai a ridiscendere a favore di corrente usando sentieri boschivi, viottoli e campi per abbreviare il ritorno verso il mulino e la grande buca d'acqua dove l'avevo lasciato.
Un poco d'inquietudine accellerò il mio passo, avevo smontato la canna per essere più rapido ed agile, che divenne una corsa, quando a duecento metri dal ponte sull'acqua sentii le urla, ecco che ritornano queste, di mio padre: Andrea vieni, presto, vieni vieni!
Il cuore mi balzò in gola, maledissi gli stivali che mi intralciavano la velocità, gettai in terra cesto e canna e mi lanciai a perdifiato lungo l'argine fino al prato che portava al mulino e dove si aprì il mio sguardo lo vidi, per fortuna in terraferma, sul bordo del campo, perchè se fosse caduto in acqua, con gli stivali si affoga e questo temevo, che saltava invece, venendo verso di me, come il Sampei giapponese, con la canna in una mano e nell' altra, tenuta alta, una bellissima trota di quasi un chilo e mezzo viva ed agitata!
Era pazzo di gioia, felice per avermi un volta tanto sconfitto con la sua pigrizia - scusa babbo - calma, pertinacia e perseveranza diresti tu, di rimanere nella grande buca ed essere riuscito a convincere quella vecchia birba super esperta che chissà quante insidie e pericolose esche di tanti umani aveva scansato. E lui l'aveva fregata!


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