FORTIFICAZIONI
NEL CONTADO DI SIENA
Una sintetica conoscenza di tutte le fortificazioni



ABBADIA ISOLA (torre)
Il nome del luogo deriva dalle paludi che un tempo circondavano la parte bassa dell'insediamento in modo tale da far apparire l'Abbazia fortificata come adagiata su un'isola.
Nel 1001 la nobile Longobarda Ava di Staggia, fondatrice dell'Abbazia, invitò una comunità di Benedettini ad insediarsi nel complesso, da allora i monaci portarono avanti un difficile lavoro di bonifica della palude e di ampliamento del monastero.
L'impianto è a triabsidato, con tre navate sorrette da pilastri polilobati alternati a colonne di derivazione Lombarda. La facciata era dotata di un portale gemino tipico delle chiese di pellegrinaggio (oggi in parte scomparso). La chiesa è unita al monastero da un loggiato a due piani con otto arcate irregolari in laterizio poggianti su colonne ora in pietra ora in mattoni. A servizio del complesso religioso erano stati aggiunti uno Spedale (1050) e uno Xenodochio (1102).
L'importanza strategica del borgo fu grande, posto com'era sul confine fra i territori Firenze e Siena e lungo uno dei tratti più antichi della Via Francigena, alla confluenza dei collegamenti secondari per Firenze e Volterra.
Nel XIII secolo il monastero passò sotto l'influenza politica di Siena. Con lo sviluppo, dal lato opposto del padule, del borgo murato di Monteriggioni, il controllo dei monaci sul territorio iniziò a diminuire. Nel 1376 l'Abbazia fu cinta da mura, a spese della Repubblica Senese, per essere difesa dalle compagnie di ventura che scorrazzavano per le campagne e inserita fra i castelli a difesa dei confini del contado.
Nel 1445 i monaci lasciarono il complesso, ormai schiacciati dalla spinta espansionistica dei comuni. Con la caduta di Siena nel 1554 anche l'importanza militare venne meno, in breve tempo Abbadia a Isola si trasformò in un anonimo borgo rurale. Gli elementi antichi, soprattutto le mura, sono stati spesso incorporati in costruzioni successive. Ancora integra è parte del fossato, la porta principale di accesso, una torre quadrata (ora abitazione) e una bella torre poligonale posta al vertice nord-ovest (trasformata in colombaio). Lungo le mura dell'angolo sud-ovest (dietro il Monastero) è ancora leggibile un accenno di bastionatura.



ALBOLA (castello)
Albola, o meglio Albola Vecchia, sorge nel territorio di Radda in Chianti e si raggiunge dal capoluogo seguendo le indicazioni che ci portano nel cuore della Valle del fiume Pesa.
L'archeologia e la toponomastica ricordano che la zona circostante conobbe numerosi insediamenti etrusco-romani. È soprattutto sul Poggio di Cetamura, nei pressi della Croce di Porcignano, che sono stati scoperti i resti di quello che fu probabilmente il più importante insediamento etrusco-romano del Chianti, cui faceva capo una rete viaria proveniente da Chiusi e da Volterra. Anche la toponomastica aiuta a ricercare le origini etrusche, come i nomi di certi luoghi: Vercenni, Gàrbina, Vècine, Petrène.
Nel Medioevo si svilupparono molti feudi. Albola, posto su un poggio isolato vicino alle sorgenti della Pesa, fu uno dei castelli più potenti del Terziere di Radda in Chianti. Il castello si presenta oggi come un classico insediamento fortificato d'altura con strutture risalenti per la maggior parte al XIII/XIV secolo costituite da una prima cinta muraria ellittica a recinzione delle abitazioni e del cassero. Albola è uno dei pochi castelli di questo tipo che conserva tracce della cinta muraria esterna al centro della quale possiamo ammirare lo slanciato cassero con annesso un'altro edificio più basso, anch'esso di origine medievale. La porta originaria del cassero si apre ad una certa altezza da terra, tutto il complesso è costruito in pietra ed è stato recentemente oggetto di restauro.


ALTESI (castello)
Il Castello Altesi si erge su una collina, al confine con il comune di Buonconvento. All'inizio del Trecento, l'Ospedale senese di S. Maria della Scala possedeva vari beni: terreni ed immobili in "località dell'Altesi". Costruito nel XV secolo, come attestano le originali bifore al primo piano e il progetto planimetrico, il castello fu occupato dalle truppe spagnole capitanate da don Alvaro di Sande, durante la Repubblica di Siena in Montalcino, come attestano le cronache del 1556.
La struttura è un'articolata costruzione difensiva, scandita da una pianta quadrangolare. Da notare nella facciata l'alta base a scarpa e torrioni angolari.
Gli accessi al castello sono due. Quello sul fronte Sud aveva originariamente un ponte levatoio, oggi sostituito da un terrapieno; dal semplice portale in pietra locale entriamo in un cortile, modificato in tempi recenti. Da notare lo stemma della famiglia Trecerchi, datato 1441.
L'ingresso sul lato opposto ha un piombatoio (struttura utilizzata ai fini bellici per gettare addosso ai nemici olio bollente o pece) sopra la porta; all'interno troviamo un cortiletto con pozzo riferibile al XVI secolo. Sul lato destro, rispetto alla facciata, notiamo il bel marcapiano realizzato in parte in pietra locale ed in parte in travertino.
Il primo piano originariamente presentava delle bifore che oggi sono state chiuse o alterate ad eccezione di una. Di fronte all'ingresso principale una piccola cappella in laterizio.


ARGIANO (castello)
II minuscolo borgo di Argiano potrebbe essersi sviluppato già in epoca romana. Il castello, citato in un documento di Ludovico il Pio (778-840), viene elencato, nel 1208, tra le località tenute a versare una imposta straordinaria a Siena; successivamente, nel 1438, fu aggregato direttamente al contado senese.
Dell'antico edificio, che domina dall'alto di una bassa collina le valli della bassa val d'Orcia e dell'Ombrone, con le pendici del Monte Amiata come scenario all'orizzonte, e a poca distanza (alcune centinaia di metri in linea d'aria) dal potente castello di Poggio alle Mura, vediamo ancora il solitario torrione del cassero e alcune pareti sbrecciate e miseramente franate. Il torrione, a base quadrata, è ancora imponente, impreziosito da belle finestre con arco a tutto sesto e dotato di forte scarpatura dal lato a valle.
Un piccolo cortile interno lo separa dall'area prettamente abitativa, il palazzo (usato come casa rurale fino a pochi anni orsono). Nella cortina muraria est che unisce i due corpi del fortilizo si apre la porta principale, anch'essa con arco a tutto sesto rivestito con pietra bugnata. Sul lato opposto una postierla dava probabilmente accesso ad un più vasto cortile esterno che si doveva estendere fino ai margini scoscesi del colle, delle sue mura resta oggi un solo breve tratto che parte dall'angolo sud-ovest del mastio.
L'abbandono graduale del castello iniziò nel 1583 quando a circa mezzo chilometro di distanza fu costruito, su disegno di Giovanni de' Pecci, la nuova rinascimentale Villa di Argiano, un palazzo appartenuto nei secoli a varie potenti famiglie come i Montanini, i Tolomei, i Sozzini, gli Ugurgieri, i Chigi.
Attorno al maniero sorgono la chiesa di San Pancrazio, recentemente restaurata, e altre vecchie case che formavano il borgo di Argiano, nel quale aleggia ancora oggi un alone di mistero e di suggestione, accresciuti dalla rigogliosa natura circostante. Il castello ormai in rovina, detto anche "Argianaccio" per differenziarlo dalla vicina Villa d'Argiano, è posto al centro degli sterminati vigneti di proprietà della Banfi che producono anche il famoso Brunello di Montalcino


ASCIANO (castello Gallico)
Il Castello di Gallico, con le sue cinque torri di pietra e mattoni rossi, è un bellissimo esemplare di azienda agricola fortificata: la sua mole imponente si erge solitaria sull'altopiano delle crete nel Comune di Asciano, poco distante dal villaggio di Montecalvoli, alle cui vicende e proprietari è stato legato nel tempo.
Asciano: la storia di Asciano ha origini di difficile definizione; la fonti storiche riportano notizie di un antichissimo "predio", proprietà della famiglia Axia, di origini etrusche, ma il nome Asciano pare mutuato da "Azianum", termine che si trova già in antiche epigrafi per designare la comunità e l'area territoriale circoscritta dai fiumi Ombrone e Asso.
Asciano fu territorio dei Domizi, come testimonia un mosaico romano pavimentale scoperto nel 1899 in un orto di via del Canto: in seguito, fino al IX secolo, fu feudo dei conti della Scialenga, da cui discese la famiglia dei Cacciaconti e di cui parla Dante ricordando un Caccia d'Asciano. La contea dei Cacciaconti passò poi alla Repubblica di Siena, nel XII secolo. La famiglia senese dei Tolomei, acquistò il Castello di Gallico nel 1319, e verso la fine del secolo ampliò una torre già esistente per custodirvi i prodotti della terra, nel tempo la trasformò in un castello-grancia. I Griffoli, ricchi mercanti di seta di Montepulciano, lo acquistarono nella prima metà del 1400 e la Repubblica senese li obbligò a tenervi una guarnigione di soldati a difesa di quello che costituiva un importante avamposto strategico. Passato attraverso vari proprietari, venne verso la fine del 1700 donato allo Spedale di Santa Maria della Scala di Siena, restituito in seguito alla famiglia Vallesi e, all'inizio del 1800, per eredità passò alla famiglia Terrosi e poi, nella prima metà di questo secolo, alla famiglia Fei e ai Biagini di Monte S. Savino. Di recente è stato restaurato con perizia e recintato, cosicché, sfortunatamente, ora si può ammirare solo da lontano.


ASCIANO (torrione di Giordano)
La torre è esposta a nord-ovest, sulla cerchia muraria medievale, tra la porta "senese" e la porta "occidentale". Venne eretta nel decennio 1342-1352 durante il terzo e ultimo ampliamento delle fortificazioni del castello di Asciano nel governo dei "Nove" a Siena.
Baluardo denominato "della Vallesi", poiché nel vicolo adiacente si trovava nei secoli XIII-XV la sede di una piccola comunità di preti valdesi. Una comunità di laici (in maggioranza contadini e artigiani) che, pur osservando con rigore gli insegnamenti evangelici, dissentivano dal magistero della Chiesa.
L'edificio ha una struttura a pianta quadrata, forma parallelepipeda. Venne mozzata dopo il 1555 per ordine di Cosimo I dei Medici alla stregua delle altre fortificazioni. Restano tracce di feritoie. Archi a tutto sesto si evidenziano dall'esterno fra le coperture. Rimaneggiata in tempi diversi per abitazione, ha conservato le pietre della scala in rovina sul fianco sinistro, ora ricostruita come era ai suoi primordi. Le pietre sbozzate sono di travertino scuro estratto dalle cave di Gròttoli, tali e quali a quelle di tutta la cinta muraria. L'interno ha mantenuto la divisione in ripiani, ai quali si accede mediante scalette prevalentemente in muratura (mattoni originali).


BADIA (castello)
L'attuale costruzione ottocentesca fa torto alla primitiva, formidabile costruzione di una delle Badie più antiche della Tuscia longobarda e franca, insieme a quella di S. Salvatore all'Amiata e all'insediamento della famiglia dei Cadolingi a Fucecchio e a S. Miniato.
Prima di essere Castello e luogo di difesa fu centro attivo di attività economiche, sociali e culturali di grande importanza.
La prima data certa della sua nascita, risalente al 25 luglio 998, è riportata su un documento del Conte Ugo di Toscana il quale cedette il castello ai frati benedettini perché vi costruissero un convento. Il motivo per il quale il conte Ugo sia stato così generoso con i religiosi è da ricercarsi nella diceria popolare di quel tempo secondo la quale, allo scadere dell'anno Mille, ci sarebbe stata la fine del mondo.
Verso la fine del 1400 però, la Badia di Poggio Marturi, impoverita a causa delle calamità, delle pesti, e delle guerre decadde e fu definitivamente abbandonata nel 1445. L’edificio divenne successivamente proprietà dell'Ospedale di San Bonifacio a Firenze ma poco dopo, finito in rovina, venne acquistato da Clemente Casini di Poggibonsi, che lo adibì ad usi agricoli. Nel 1886 la proprietà passò quindi a Marcello Galli-Dun che ne modificò le mura cadenti e le dette l'attuale forma. Il monastero era ricco di oggetti preziosissimi che purtroppo andarono dispersi nel tempo e oggi ci rimane soltanto, conservato nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, un pregevole codice miniato conosciuto con il nome di "Breviario di Poggibonsi".
Dell'antico monastero però, fra il verde del colle di Borgo Marturi, non rimane oggi che il chiostro, la cui costruzione si ritiene sia avvenuta nei secoli X e XI.


BADIA DI COLTIBUONO (torre dell' abazia)
Badia a Coltibuono ovvero “l'abbazia del buon raccolto“, fu fondata dai monaci vallombrosani circa mille anni orsono, quale luogo di culto e di meditazione. Nel 1051, i monaci dell'ordine di Vallombrosa iniziarono a costruire questo monastero del “Buon Raccolto“ piantando contemporaneamente le prime vigne in quest’area.
Nel XV secolo Coltibuono ebbe un ulteriore sviluppo sotto il patronato di Lorenzo de' Medici. Nel 1810, sotto il dominio napoleonico, i monaci furono obbligati a lasciare Coltibuono. Negli anni successivi la proprietà fu venduta prima attraverso una lotteria e nel 1846 fu acquistata da Michele Giuntini, banchiere fiorentino e antenato degli attuali proprietari.
Sotto la guida di Piero Stucchi Prinetti la fattoria fu trasformata in azienda affermandosi in Italia ed all'estero.


BARBISCHIO (castello)
Barbischio è ricordata per la prima volta all'inizio dell'XI secolo in numerosi documenti quale sede di stipula di atti notarili.
Nel 1220 e nel 1240 venne concesso dall'imperatore Federico II ai conti Guidi e questi lo tennero fino alla metà del XIV secolo. La signoria dei Guidi è ricordata anche da Giovanni Villani nella sua Nova Cronica e ricorda che gli abitanti del luogo si ribellarono a causa del "malo reggimento che il giovane conte Guido di Ugo di Battifolle facea a' suoi fedeli d'opera di femmine". In seguito il castello e il borgo divennero proprietà dei Ricasoli. Nel 1478 durante la seconda invasione aragonese del Chianti venne occupato dalla truppe napoletane. Oggi è un piccolo borgo. Dell'antico castello oggi sopravvivono i ruderi di una torre che sovrasta l'abitato. Negli anni ottanta, alla parete della torre originaria, venne addossata una struttura che ha consentito il recupero a fini abitativi della torre senza peraltro alterare la godibilità dei resti medievali. Ai piedi del castello si trova il Molino di Barbischio, un complesso abitativo che presenta caratteri medievali.


BIBBIANO (castello)
Il castello di Bibbiano domina l'alta valle dell'Ombrone a poca distanza da Buonconvento. Buonconvento: il nome latino di questo delizioso centro della Val d'Arbia era "Bonus Conventus", a significare la buona convivenza degli uomini che si stabilirono in questo fertile territorio. Nei secoli, il luogo fu al centro di pellegrinaggi verso Roma (via Francigena), di traffici e di scorrerie dei nemici della Repubblica di Siena, che spesso lo attraversarono e lo distrussero.
L'insediamento fortificato di Bibbiano è presente in loco almeno dall'850, proprietà del conte longobardo Guinigi di Reghinari, legato imperiale al tempo di Ludovico II. Il nome Bibbiano deriva da 'Bibbio' (in latino bibianum), uccello acquatico simile all'anatra del quale erano ricche queste terre chiamato anche Fischione. Poi Bibbiano passò ai conti Cacciaconti che nel 1197 lo donarono alla Repubblica Senese che provvide al rinforzamento delle strutture. Ulteriori aggiunte e restauri furono portati avanti nel 1338 e nel 1400. Nonostante sia stato usato più come residenza che come fortilizio, Bibbiano si presenta ancora oggi nel suo fiero aspetto di castello medievale, un massiccio quadrilatero cinto da fossato, la porta principale dotata di ponte levatoio, due cinte murarie con feritoie, camminamento di ronda e gran parte della merlatura guelfa intatta, due torrette d'angolo con apparato difensivo a sporgere su beccatelli in pietra (entrambe sul fronte occidentale, una integra e una scomparsa), mastio centrale (la cui sommità è stata ricostruita dopo il terremoto del 1909 e dotata di tetto appoggiato sulla esistente merlatura)


BROLIO (castello)
Il castello di Brolio è di origine longobarda, sebbene dell'antico fortilizio non rimanga oggi alcuna traccia ad eccezione dell’originaria ubicazione. Fin dal '300, fino alla metà del XVI secolo, il castello è stato al centro dell'astiosa lotta tra Siena e Firenze per l'occupazione di quelle importanti terre di frontiera. Siamo infatti nel cuore del territorio fiorentino della Lega del Chianti formata dai terzieri di Radda, Castellina e Gaiole.
Il castello di Brolio rimase quasi sempre dominio di Firenze, ad eccezione di una temporanea occupazione senese a seguito della seconda invasione aragonese del Chianti nel 1472. A partire dal 1484, quando il castello fu di nuovo in mano fiorentina, iniziò una profonda opera di ristrutturazione e potenziamento della roccaforte che trasforma Brolio in una delle prime fortezze bastionate italiane. I suoi bastioni in pietra, ancora oggi in perfetto stato, hanno una pianta a forma di pentagono irregolare. Alcune fonti attribuiscono l’opera all'architetto Giuliano da Sangallo, responsabile di molte fortificazioni medicee. La cinta muraria racchiude i resti dell'originale castello medievale, soprattutto il cassero e la chiesa romanica, oltre che una grandiosa villa neogotica in mattoni rossi fatta costruire al posto dei preesistenti locali dal barone Bettino Ricasoli (1809-1880) famoso uomo politico detto il Barone di Ferro, nel secolo scorso. Il castello sorge al centro di vasti vigneti, dai quali sin dal 1141 i baroni Ricasoli traggono il loro famoso vino.

BUONCONVENTO (mura)
Il nome stesso dice che Buonconvento è stato fin dalle origini sosta per i viaggiatori, i commerci a solo un giorno di viaggio da Siena sulla antica Via Cassia verso Roma. Dante Alighieri parla di Buonconvento perché nel 1313 vi morì l’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo che si era fermato lì con il suo esercito.
Le mura dovevano essere la forza e l’orgoglio di Buonconvento, ma quelle originarie furono distrutte dall’esercito di Perugia nel 1358 durante la guerra contro Siena. La repubblica senese decise di ricostruirle. Le mura oggi visibili sono quelle iniziate nel 1371 e completate dieci anni dopo. Da allora Buonconvento riacquistò il suo ruolo di sosta sicura distante a solo un giorno di viaggio dalla capitale e alla confluenza di due fiumi, l’Arbia e l’Ombrone. Nel 1455 fu deciso di rafforzare le mura con una torre presso la porta affacciata verso Siena e un antiporto a Sud. Altre difese delle mura erano un fossato che girava attorno e una corona di merli a difesa del camminamento interno. Nel 1799 i mattoni dei merli furono prelevati e utilizzati per un restauro della Chiesa e nel 1832 l’antiporto fu demolito perché ostacolo al traffico di carri e carrozze. Infine la porta Romana e una parte delle mura a lei collegata vennero distrutta da una mina fatta esplodere dall’esercito tedesco in ritirata nel 1944.



Notizie estratte da "Mondi Medioevali"


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